• « L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. » I.Calvino

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“Non mi interessa quello che fai per vivere. Voglio sapere che cosa brami – e se hai il coraggio di sognare di incontrare ciò che il tuo cuore desidera. Non mi interessa quanti anni hai. Voglio sapere se rischierai di sembrare un pazzo – per amore – per i tuoi sogni – per l’avventura di essere vivo.”

martedì 18 agosto 2015

Sarajevo Take me out

Sarajevo for me has always been linked to tragedies. Franz Ferdinand assassinated with Sophie.
The blood.
 The war of the former Yugoslavias, the title of the newspaper, for a year, maybe two,
then the easy tendency to forget.
 Wars are always for  others, not for us.
 But you will not forget if you live or if you are born in the wrong place at the wrong time.

The signs of war, still on walls and in the  hearts. Because they don’t forget.
The wounds are still open and the hills of graves are there, to remember.

Sarajevo is a city alive and smoky, smelling of coffee and pomegranate.
 City ​​of passage between Europe and the East, now Baščaršija and the market only give an idea of ​​how it could be during the Ottoman Empire.  

Inside a little shop of Iranian dried fruit,  I could close my eyes, and  fantasize about living in the past, trying almonds with lemon and small red berries, the nice lady said they are miraculous,  maybe are these  the true goji berries? Whether I was born in 1400 and it's me that gentle lady, the queen of spices?
 Perhaps those berries are not only miraculous but also psychoactive. Perhaps these were selling at FIS.


Many stories in many eyes. It would be nice to be able to tell these stories, to those who think that Srebrenica is an alcoholic beverage.

(IT)
Scusate il ritardo, ma  sono rimasta ad ammirare il paesaggio. Il risultato di un test di essere una Enpf  mi ha riportato alla scrittura.
Sarajevo per me è sempre stata legata a tragedie. Franz Ferdinand assassinato con Sophie, mi permetto i nomi di battesimo dato che è stato mio argomento d' esame e data la mia somiglianza, dicono con una matrona d'austria e una gitana .
Il sangue.
 La guerra delle ex-Jugoslavie,  il titolo dei giornali, per un anno, forse due,
poi quella facile tendenza a dimenticare.
 Le guerre sono sempre degli altri, non  ci appartengono.
 Non dimentichi  se le vivi o se nasci nel posto sbagliato al momento sbagliato.

I segni della guerra, ci sono ancora.Sui muri e nei cuori. Perchè loro non dimenticano.
Le ferite sono ancora aperte e le colline di tombe sono li, a ricordare.

Sarajevo è una città viva e fumosa, che odora di caffè e melograno.
 Città di passaggio tra europa e l'oriente, ora  Baščaršija  e il mercato danno solo un'idea di come poteva essere durante l'impero Ottomano, peccato non basti togliere cartoline e 3G .

All'interno di un negozietto di frutta secca iraniano, chiudendo gli occhi, posso fantasticare di vivere nel passato, provando le mandorle al limone e le piccole bacche rosse, la  gentile signora dice siano miracolose, che siano loro le vere bacche di Goji? Che sia io nata nel 1400 e che sia io quella gentile signora, la regina delle spezie?
 Forse quelle bacche non sono solo miracolose ma anche psicoattive. Forse queste vendevano al Fis.

Tante storie in molti occhi. Sarebbe bello poter raccontare queste storie, a chi pensa che Srebrenica sia una bevanda alcolica.

Fra le diverse religioni le distanze sono talvolta così grandi che solo l'odio ogni tanto riesce a superarle. (Ivo Andrić )






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